I vincitori della 8° edizione del Premio Marincovich 2017

SEZIONE LIBRI – CULTURA DEL MARE – SAGGISTICA

1° classificato

Eugenio Giannini

«Vengo subito al dunque, perché il tono del libro di Eugenio Giannini non ammette tanti giri di parole». Non poteva trovare parole migliori Fabio Pozzo per iniziare la sua prefazione a questo libro che è al tempo stesso una straordinaria quanto lucida e dettagliata testimonianza diretta di una indimenticabile tragedia del mare, forse una delle più assurde in assoluto, e una denuncia inconfutabile quanto definitiva di una inaccettabile truffa morale e materiale perpetrata 60 anni fa ai danni dell’Andrea Doria, del suo comandante Piero Calamai e del suo equipaggio.

Alla tragedia già durissima anche solo nel ricordarla, si è così aggiunta l’atroce beffa delle infamanti accuse rivolte loro, ancora una volta in nome di interessi economici e politici, mai chiarita prima d’ora fino in fondo, come ha potuto fare Eugenio Giannini, terzo ufficiale dell’Andrea Doria che oggi abbiamo il piacere e l’onore di ospitare in questa sala per offrirgli questo piccolo simbolico tributo al suo valore di marinaio e oggi anche di eccellente scrittore. Sono certo che Carlo, cui è intitolato questo premio, avrebbe trovato parole migliori delle mie condividendo i meriti di questo libro-documento.

Sono 193 pagine che si leggono d’un fiato come non si conoscesse la storia e il suo drammatico epilogo, in cui si scopre finalmente ogni minimo dettaglio della tragedia, descritta minuto per minuto, con lo stile e lo schietto «spirito toscano infuocato» dell’autore, come annota Fabio Pozzo, e perfino ironico in alcuni tratti. Pagine che hanno soprattutto il merito di mettere la parola fine a una storia fin troppo romanzata e volgarmente alterata in precedenza e che coinvolgono il lettore, informato o meno dei fatti, trascinandolo nella realtà di quei momenti terribili perché, come scrive Giannini, «se queste esperienze non si sono vissute, è molto difficile trasmettere, con scritti e parole, l’intensità emotiva che ne accompagna il ricordo». Ma proprio per questo viene istintivo al lettore chiedersi perché, dopotutto, questo libro non sia uscito prima, molto prima. Forse la risposta è nelle ultime righe del secondo capitolo dedicato al comandante Calamai: «Non voglio più essere prudente, soprattutto con le parole. Non voglio più avere paura delle parole. Non si può e non si deve essere prudenti quando si dice la verità».

Dell’Andrea Doria e del suo triste destino si è scritto tanto e non sempre al meglio suscitando il giusto sdegno di Giannini, ma dubito a questo punto che qualcun altro potrà ancora tentare di aggiungere qualcosa a questa ultima e definitiva “verità sull’Andrea Doria” come annuncia il sottotitolo. E proprio per questo vorrei leggervi il messaggio finale di Giannini:

«Spero che questo libro, che descrive fatti vissuti in prima persona, che dice cose viste, udite e fatte dal suo autore, dagli ufficiali e dall’equipaggio quella notte, in pieno oceano Atlantico sull’Andrea Doria, la mia bellissima Andrea Doria, mentre stava per affondare, abbia una vasta diffusione e che sia letto da molti in modo da essere il definitivo punto d’arrivo di un lungo viaggio in mezzo alle nebbie di tutti questi anni di indicibili amarezze, nel commosso ricordo di un uomo che insegnò a chi lo conobbe e oggi, alla luce di recenti tragici avvenimenti, possiamo dire al mondo intero, che cosa vuol dire essere il comandante di una nave. Il nostro comandante. Il comandante Piero Calamai.

Grazie».

Claudio Nobis

2° classificato

Franco Masiero

“Nonostante che attualmente ci sia la possibilità di navigare virtualmente comodamente seduti stando di fronte allo schermo di un PC con Google Map e quasi virtualmente , andando per mare con plotter cartografici & foto annesse, Franco Masiero , con il suo testo ci riporta in mare navigando “all’antica” con il Vistona , un cutter aurico del 1937 progettato da Macpherson Campbell , per praticità riarmato a Ketch Marconi e ritornato dopo un recente restauro all’armo originale.

Vistona è stata la barca del compianto Gian Marco Borea d’ Olmo , il fondatore del CVA prima e dei “Venturieri” poi.

Sono ricordi di viaggio lungo le rotte veneziane per oriente.

Non una semplice crociera estiva , ma un programma ambizioso  : ”Bisognava ripercorrere  i luoghi di quello che fu il dominio veneziano” . Così inizia il capitolo intitolato Diario di Bordo.

Rotte che molti di noi conoscono , ma vissute da Masiero – decenni fa – con lo spirito e l’occhio dello storico.

Belle e ricche di fascino le foto che accompagnano il testo.

Degno di menzione l’appendice , una via di mezzo tra un glossario ed un testo di navigazione piana.

Già la sola Raxon de marteloio merita un approfondimento.

Impressionanti le velocità medie annotate nei brogliacci del 1480 – viaggio di Felix Faber e Santo Brasca da Giaffa a Venezia : 1.59 – 1.11  ovvero 1.3 nodi di media su 51 giorni di navigazione e 74 di viaggio.

Che dire … No foil, no fly …

Nel libro parla anche e non solo di cartografia , trigonometria, ma anche di vino, di cibi e di passione per il mare.

Merita una citazione  anche l’editore del testo del Masiero : Mare di Carta di Venezia ,ovvero Cristina Giussani combattiva presidente dei librai indipendenti in Confesercenti.

Libraia ed editore di nicchia in un settore , quello delle librerie “del mare” che vede il monopolio delle donne , questo anche a Roma, Milano , per citare i più famosi porti per i bibliofili del settore.

Leggetelo : vi piacerà e vi invoglierà a ripercorrere le rotte descritte .

Sergio Abrami YD

 

3° classificato

Giulio Stagni

Giulio Stagni è riuscito a sorprendermi dall’inizio alla fine con questo suo libro che racconta e illustra un mondo di barche, yacht club e gentiluomini, di regate in mare o sui laghi. Parla di un mondo della vela popolato di principi e ufficiali, di nobili e ricchi, velisti raffinati che regatano tra di loro per passione e che fanno disegnare le loro imbarcazioni dai più noti progettisti del tempo. Il racconto storico parte del 1.600 con l’esilio di un re inglese in Olanda che, al ritorno in Inghilterra, porta con sé la passione per il navigare. E qui nascono i primi circoli velici e le prime regate che, nei due secoli successivi, diventano un piacevole svago per un numero selezionato di appassionati.

Dall’Inghilterra, lo sport della vela si estende alla Scandinavia e al continente, e qui il libro si sofferma con grande attenzione alla sua diffusione in Germania e soprattutto nel Regno degli Asburgo. Un pezzo della storia dello yachting poco nota, che assolutamente non conoscevo. Siamo nell’800 e sono tempi in cui nascono nuove classi di piccole barche, invelate e impegnative. Principi e diplomatici vanno a vela in un’ansa del Vecchio Danubio, dove anche nasce la prima scuola di vela, o regatano sugli specchi d’acqua austriaci facendo spostare le loro barche da un lago all’altro via treno.

In Austria e in Ungheria si ha un periodo d’oro della vela, che ha il suo anfiteatro ideale nell’Istria e nella Dalmazia. E Stagni in questo volume ripercorre con competenza, attraverso episodi e disegni, la storia in Italia inedita della nautica e della vela nell’alto Adriatico fino all’inizio del 900. Un racconto interessante, diviso in tanti brevi capitoli che facilitano la lettura e la comprensione del testo. Affiancati da una serie infinita di mirabili disegni ad acquarello che ci permettono di ammirare le barche, i personaggi, i circoli, le sedi e le bandiere. Un lavoro enorme, che permette una lettura a diversi livelli e la rende piacevole ed interessante anche ai più giovani.

Ida Castiglioni

SEZIONE LIBRI “CULTURA DEL MARE” – NARRATIVA

1° classificato          

Alberto Cavanna

Alberto Cavanna ha già vinto una vota il premio Marincovich con il romanzo “Da bosco e da riviera”, un libro straordinario per la trama, i personaggi e la poesia. Il mare e gli uomini che lo solcano sono sempre presenti nella scrittura di Cavanna: dal memorabile “Bacicio do Tin” al poetico e quasi onirico “L’uomo che non contava i giorni” passando dai racconti “Brevi e salati”.

Il libro che viene premiato oggi si intitola “La nave delle anime perdute” ed è un racconto pieno di pathos, di amore e di sangue. L’ambiguo capitano Blanco, il giovane e tormentato medico Giovanbattista Parodi, la nave Neptuno, il suo equipaggio e il suo carico di umanità sofferente e schiava sono i protagonisti di una navigazione attraverso le onde e attraverso l’anima.

Cavanna ci costringe a leggere pagina dopo pagina, senza poter abbandonare il romanzo, ci fa sentire a bordo e ci sembra di ascoltare gli ordini e i rumori, il vento nel sartiame, le grida di dolore.

Dalle sue pagine magistrali sembra uscire l’odore del salmastro misto a quello della sentina e della pelle di centinaia di schiavi africani. “La nave delle anime perdute” è un libro che non si può non leggere.

Massimo Gregori

2° classificato          

Pietro Grossi

“Sono stati scritti molti libri sui rapporti più o meno complicati tra genitori e figli ed il protagonista di questo libro si cimenta in una ulteriore variante, scatenata da una semplice telefonata che poi tanto semplice non è.

Un padre esagerato e pieno di genio decide di aggiungere una nuova esperienza alla sua vita di velista, decisamente inusuale visto che vuole andare in Canada a bordo della sua barca Katrina effettuando il leggendario Passaggio a Nord Ovest. Sceglie come compagno di viaggio per una tappa particolarmente impegnativa il figlio Carlo, che lavora a Londra in uno studio di architettura, ha  moglie e due figli e delle navigazioni con suo padre pensava di aver archiviato il ricordo. La telefonata gli giunge da Upernavik, in Groenlandia, la richiesta è talmente eccentrica che Carlo non riesce a dirgli di no e così ad un tratto viene catapultato in acque pericolose, tra i ghiacci, il silenzio e sporadici incontri con gli Inuit che vivono lungo le coste. 

I due si trovano a vivere un’avventura che oltre che di navigazione è soprattutto umana, un corpo a corpo volto anche alla propria salvezza personale, visto che nella solitudine dei ghiacci artici una barca può subire facilmente danni e ripararli con le mani striate come il marmo per il gelo può essere molto difficile. Ma proprio nell’emergenza il rapporto tra padre e figlio ridiventa fortissimo come forse non era in un’infanzia lontana, l’uno deve salvare l’altro oltre che se stesso, e riscoprire di essere reciprocamente essenziali è magistralmente descritto, con raffiche di dialogo scarni, eppure profondi.

In effetti questo libro ha più di una connotazione di eccellenza, perché oltre a raccontare una bella storia, tra paesaggi descritti con una forza tale che sembra di sentire il freddo ed il vento, sembra di vedere il bianco dei ghiacci e le rare case, ordisce anche una tela nuova di sentimenti tra persone che si conoscono benissimo, ma hanno anche nature contrastanti pur essendo padre e figlio. Tra una raffica e l’altra, tra una manovra e una lattina di birra, le loro vite mostrano le loro asperità che poi vengono smussate e anche sorprendenti dialoghi lontani nel tempo acquisiscono un senso che prima non avevano. E uno di quei libri che si legge tutto d’un fiato, senza mai sottrarsi alla tensione che percorre il racconto e che ne è la forza principale.

Elisabetta Strickland

 

3° classificato          

Lorenza Pieri

Può capitare che un libro che sembra presentarsi come minore si riveli poi un grande libro. E’ questo il caso di “Isole minori”. Già nel titolo suggerisce un’idea di marginalità: è un microcosmo ciò di cui si parla, un piccolo mondo che per sua natura sembra destinato a rimanere tagliato fuori dai grandi eventi della Storia.

Avviandosi alla lettura questa impressione si conferma: l’autrice racconta di estati lontane al mare trascorse da ragazzi su una piccola isola. Non succede molto: avventure infantili, primi amori, problemi con genitori e fratelli. L’evento più drammatico per l’isola è l’arrivo al confino di Freda e Ventura, un fatto che tutta l’Italia ha ormai dimenticato e probabilmente già allora aveva ignorato. Lo stile è semplice, colloquiale, volutamente privo di ogni affettazione letteraria. Autobiografia e invenzione sono talmente connessi che al lettore sembra di ascoltare il racconto di una vita realmente vissuta. E questa vita è, come tutte le vite, interessante, ma non più di tante altre.

Solo a poco a poco, quasi impercettibilmente, ci si rende conto che un’apparenza tanto ordinaria cela una sostanza ben più profonda. Emergono, come isole dal mare, temi importanti, che ci riguardano tutti: il passare del tempo, la nostalgia, la maturazione della personalità, l’intrecciarsi delle nostre vite con l’evoluzione della società. Per uno strano gioco del destino accade che l’isola dove non accade mai nulla si ritrova al centro di un evento di risonanza mondiale. Il messaggio che il lettore interiorizza alla fine del libro è che ogni microcosmo, se guardato con attenzione e amore, vale quanto il mondo intero e che di nessun luogo, così come di nessuna persona, di nessuna vita, di nessuna storia si possa dire che sono minori rispetto ad altre. E’ un messaggio bello e importante e all’autrice va il merito di avercelo trasmesso con tanta grazia e discrezione.

Paolo Lodigiani

 

SEZIONE “CULTURA DEL MARE” JUNIOR

1° classificato          

Daniela Maddalena

L’Elogio dell’Acqua, primo di una quadrilogia ispirata agli elementi della natura, sembra un sogno (o è proprio un sogno? non si sa) nel quale i personaggi fantastici irrompono, si inseguono, mutano, e insieme ad essi entra in scena, spregiudicata, l’autrice.

Le continue visioni ne suggeriscono di nuove, le frasi e le parole giocano tra di loro e con il lettore, con incessanti richiami e rimandi ad altre storie.

Le avventure di Erasmo sono il pretesto per un libro insieme un po’ sconcertante, folle e poetico, quasi musicale; né poteva essere altrimenti, visti il nome del giovane protagonista e la biografia di Daniela Maddalena.

Insomma, un’opera non banale che è bello vedere in una collana per ragazzi.

Marco Melloni

 

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

Cristiano Bettini

Il libro dell’Ammiraglio Cristiano Bettini non è un saggio ma un trattato di geopolitica, di organizzazione militare, “il modello di proiezione romano alla prova d’oltremare raccontato da un marinaio”, (come riportato nell’occhiello in copertina).

Quando il libro ha aderito al Premio mi sono subito resa conto che non avrebbe potuto concorrere alla pari con gli altri, nella sezione dedicata alla saggistica. Ho deciso che avrebbe meritato quel “Premio Speciale” riservato a libri speciali, a prescindere dall’argomento trattato. Ma non l’ho detto agli altri giurati. Ho avuto però la conferma della mia scelta al momento di tirare le somme, una volta ricevute le schede di valutazione: Oltre il fiume Oceano aveva affascinato tutti (o quasi), per la sua precisione e la sua voglia di comunicare un’impresa durata tre secoli, iniziata con Giulio Cesare, proseguita con Claudio e completata da Costanzo Cloro.

Il Fiume Oceano è La Manica, fiume di confine tra il regno dei vivi e quello dei morti e i romani non osavano varcare quel braccio di mare. La logistica fu l’arma vincente per affrontare l’impresa. E come è sempre accaduto nelle campagne militari dell’Impero Romana, le terre scoperte e conquistate hanno dato e ricevuto. Le tracce e l’eredità sono ancora lì a testimoniarlo.

L’esperienza britannica dell’Ammiraglio Bettini quale Addetto Militare presso l’Ambasciata italiana a Londra ha dato lo spunto ad una ricerca meticolosa e la passione per la materia si respira in ogni capitolo. Peccato che la Brexit ci allontani da quella Britannia.

Patrizia Melani Marincovich

 

SEZIONE ARTICOLI “CULTURA DEL MARE”

1° classificato 

MARIO VERONESI con l’articolo “Un mare di rum“, l’affascinante storia della bevanda legata alla conquista del Nuovo Mondo e alla pirateria, pubblicata su Rivista Marittima.

“Quello che ho trovato di straordinario nell’articolo “Un mare di rum” di Mario Veronesi è come l’Autore in poche righe riesca a farci capire come il rum ed il mare abbiano vissuto e forse vivono ancora momenti di grande simbiosi ed a fornirci, attraverso semplici ed efficaci cambi di scena, una miriade di informazioni che non mettono mai in ombra ma anzi esaltano il protagonista della vicenda: il rum.

E’ un racconto molto denso che evoca le origini di questa bevanda che, contrariamente all’immaginario collettivo, non proviene dall’area che poi l’ha resa famosa e cioè i Caraibi, bensì dalla Papua Nuova Guinea. Ma è nel Nuovo Mondo che si sviluppa velocemente e viene, in tutte le sue varietà di distillazione, prontamente utilizzato a favore delle migliori attività umane e cioè “per alleviare le fatiche del lavoro degli schiavi” (la Tafia) o, come il Rumbullion, per “rendere euforico ed incosciente l’ Equipaggio della nave pirata prima di un assalto”, spesso prima di perpetrare le più efferate malvagità. Ed adesso è la pirateria, una delle più antiche manifestazioni umane di cui si conservino tracce, che diventa protagonista con il rum e lo diventa attraverso il richiamo che l’Autore ci fa di alcuni famosi lavori letterari che ci riportano alla mente, atmosfere intriganti e racconti entusiastici di imprese compiute o di tesori da trovare fatti da questi uomini, ed in qualche caso anche donne, singolari e consumati da pinte di rum. Uno su tutti L’Isola del Tesoro di Stevenson con quella famosa ed indecifrabile canzone dei 15 uomini sulla cassa del morto con la bottiglia di rum, che invece Veronesi spoglia del mistero spiegandocene, finalmente, le origini. Ma il battle rhythm dell’articolo non da tregua e ci troviamo, e non poteva essere diversamente visto l’argomento trattato, a bordo delle unità di Sua Maestà britannica dove il mantenimento della disciplina è tassativo ed il rum a bordo può diventare un problema. Ma una soluzione c’è sempre e l’Ammiraglio Edward Vernon non la fece mancare: prima della distribuzione bastava annacquare la bevanda. Ma chissà se era annacquato anche il rum contenuto nella botte che ospitava, dopo la vittoriosa battaglia di Trafalgar, il corpo defunto del grande Ammiraglio Nelson che veniva riportato in Patria? Dovremmo chiederlo a quei “marinai che avevano praticato un foro sul fondo della botte e bevuto tutto il rum, ignari o incuranti del fatto che all’interno giaceva il corpo dell’Ammiraglio”. L’articolo da molte altre interessanti informazioni anche con colpo di scena finale sulla località che ha prodotto e produce ancora, a detta di molti, il rum migliore cioè la città di Friburgo in Germania. Ritengo l’articolo veramente piacevole, ricco di informazioni ed è per questo che plaudo a Veronesi perché attraverso una sintetica storia del rum fa rivivere un pezzo di Storia importante ed emozionante della marineria velica ed a me ha ridato quella capacità di sognare ed immaginare tipica delle letture dell’infanzia e che spesso, come dice, nel Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupery gli adulti perdono riuscendo a vedere, nel disegno di un boa che ha ingoiato un elefante, solo un semplice cappello.

Roberto Camerini

SEZIONE ARTICOLI “NAVIGAZIONE”

1° classificato

CORRADINO CORBO’ con l’articolo “Capitan Repetto alle Hawaii“, pubblicato su Nautica on line.

“Capitan Repetto alle Hawaii è il racconto di una grande impresa di mare, l’impresa di un comandante Camogliese che portò il primo bastimento italiano dall’altra parte del mondo, alle Hawaii appunto. Una grande impresa di mare dell’epoca eroica della vela ma sconosciuta ai più.

L’autore di questo racconto, Corradino Corbò, è un nome che i lettori di Nautica conoscono molto bene per la competenza con cui analizza pregi e difetti di barche, nuove e vecchie, oppure per la chiarezza con cui spiega i segreti ed i trucchi della navigazione.

Con Capitan Repetto alle Hawaii, invece, Corbò ci sorprende con una narrazione diversa, una narrazione in cui gli aspetti tecnici passano in secondo piano per dare spazio alle emozioni ed alle paure di chi andava per mare affrontando l’ignoto, ai sentimenti di chi, a terra, aspettava anni per riabbracciare il proprio compagno aggrappandosi alle speranze portate da notizie che passavano di bocca in bocca e di nave in nave, dei figli che diventavano grandi nell’attesa di rivedere un papà che speravano li riconoscesse. Sono questi gli uomini e le donne che hanno reso eroica la navigazione a vela del 700 e dell’800, gente di mare fatta di sentimenti ed emozioni normali. E Corbò ha saputo tratteggiare con garbo e delicatezza questa umana normalità.

Andrea Mancini

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