Sono stato navigatore di bobby rautbord
di Carlo Marincovich
Un pennarello in mano: è tutto quello che viene dato ad un navigatore offshore. E con un pennarello in mano mi sono ritrovato la mattina di domenica 16 luglio, un’ora prima della partenza del Trofeo Napoli, gara di campionato mondiale. Un pennarello può servire a molte cose, ma su un bolide offshore serve ad una cosa sola: a disegnare il tracciato della gara sul cruscotto, segnandovi vicino le rotte di ogni tratta intermedia del percorso e le distanze parziali e totali.
A imbarcarmi come navigatore è stato Knocky House, uno dei migliori meccanici che esistano nel mondo delle corse offshore. Ha vinto due titoli mondiali con Don Aronow e quest’anno è stato “scritturato” da Bobby Rautbord attualmente leader della classifica per il mondiale 1972.
La barca è il “Fino”, un Cigarette 36’ (dieci metri e mezzo) con due Mercruiser più o meno elaborati. Quanti cavalli diano non si sa, come, del resto, non si sa delle altre barche. Quello che invece si sa è che si tratta del mezzo più veloce, che ha già 4 primi e 2 secondi posti.
Il “Fino” pur appartenendo alla classe “open” (cioè aperta) è una barca completamente chiusa, con tre piccoli buchi in coperta a larghezza d’uomo: nel buco di destra ci sta Rautbord, in quello centrale Knocky ed in quello di sinistra io.
Ci avviamo verso la linea di partenza a 3 mila giri, la barca già plana e fa un fracasso d’inferno. Bardati con giubbetti, caschi e occhialoni, il vento non si avverte e di conseguenza non si ha una percezione precisa della velocità che già deve essere alta, sui 40 nodi.
Alle 9.25 il via in un bailamme indescrivibile e con un rumore da spaccare i timpani. Partiamo. senza alcuna fretta di essere i primi: con il vantaggio che Bobby ha in classifica è inutile tirare, meglio lasciar sfogare gli altri aspettando che rompano qualcosa. L’unico che dobbiamo controllare seriamente è Balestrieri che resta incollato affianco a noi: 4 mila e rotti giri: un bell’andare sul filo dei 50 nodi e passa. Incocciamo l’onda di scia di un traghetto ed è il primo salto fuori dall’acqua. Prima la prua, poi anche l’estremità poppiera esce, sento i piedi e le eliche fuori dall’acqua, un accenno di fuorigiri e con la coda dell’occhio vedo la mano destra di Knocky che “lavora” sulle manette del gas. Poi la ricaduta: rientrano le eliche, poi i piedi, poi la barca e infine un colpo sul V della carena a prua. Siamo ricaduti sbandati da un lato ed il colpo è duro, secco ma non faccio in tempo a realizzare il tutto che siamo nuovamente al nostro regime.
Capo Miseno: Balestrieri si ferma di colpo, ci giriamo tutti e tre pensando che abbia presa qualche rete nell’ elica (ce ne sono tante e passiamo a quella velocità sfiorando i gozzetti dei pescatori). Cominciamo a cantare: e una!
Fra Capo Miseno e Gaeta: la costa è lì vicina ma non si vede un accidente, la foschia è così forte da sembrare nebbia. Continuiamo a girarci ogni tanto per vedere se Balestrieri riprende. Dopo un po’ uno scafo è sulla nostra destra ma lontano da noi, è scuro sembra Balestrieri e cominciamo a prendere un po’ di giri in più, e quello non molla.
Gaeta: la boa è davanti al porto. Ci dovrebbero essere sopra quattro bandiere da segnalazione, invece c’è un manico di scopa con qualche bandiera arrotolata intorno. Sarà la boa? Per non sbagliare viriamo la seconda boa, uguale ma senza manico di scopa. Sono momenti terribili: un secondo di indecisione rappresenta quasi 40 metri perduti, dieci secondi (un’inezia) sono quasi 400 metri, a queste velocità.
Ponza: le due scie che vedevamo di prua (Bonomi e De Angelis) non si vedono più. Saranno fermi o saranno ancora più avanti? In lontananza vediamo uno scafo fermo con i cofani aperti, il colore è chiaro ma non distinguiamo di più. Tiriamo su i piedi poppieri per andare più veloci. C’è un onda lunga che ci fa saltare in continuazione. 60 miglia Ponza-Capri: passa un’ora e Knocky mi indica l’orologio. Un’ora, 60 miglia, 60 nodi di velocità, dovremmo essere già a Capri. Conto le isole: Ventotene l’ho vista, Santo Stefano pure, può essere che non abbia vista Ischia che è la più grande? Alzo le braccia al cielo come per dire “che ne so io che velocità stiamo facendo”, quelli credono che io voglia lavarmene le mani! Comincio ad avere paura: nella gara norvegese dell’8 luglio Knocky è andato a nuoto a terra a chiedere dov’era una boa da girare. Toccherà a me oggi? Capri arriva giusta in tempo per esser superati in tromba da Tom Gentry. Passati i “faraglioni”, Gentry è sparito. O qui si fermano tutti o questa barca non è veloce come sembrava. Castel dell’Ovo: viriamo la boa in mezza ad una regata di FD sfiorandone un paio (mi giro ed uno si è rovesciato sull’onda di scia). Puntiamo su Pozzuoli e tagliamo il traguardo. Saremo secondi, ci consoliamo. Invece scopriamo di essere quarti e solo la sera diventeremo terzi per la squalifica di De Angelis. Dovevano rompere tutti e una volta tanta non ha rotto nessuno.
Da “Forza 7” agosto-settembre 1972
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