Un bis per la Pechino – Parigi
ROMA
Puntuale come una eclissi, alle sei di sera del primo giugno scendevo alla stazione di Pechino. Beato Luigi Barzini: ottanta anni fa perfino il treno Milano-Parigi-Mosca-Pechino riusciva ad arrivare in orario. Cominciò così una delle più belle avventure automobilistiche in un’ epoca in cui il mezzo a quattro ruote doveva ancora dimostrare tutto per conquistarsi un po’ di benevolenza: la Pechino-Parigi con l’ Itala di don Scipione Borghese.
60 giorni, ventimila chilometri di viaggio nella Mongolia, nella sterminata Russia, tra monti e pianure impraticabili, precipitando da ponti e scarpate, risalendone a forza di braccia, sempre a caccia di benzina, stazioni telegrafiche, acqua e viveri. Il principe romano, il giornalista e il meccanico Ettore Guizzardi arrivarono da vincitori sotto l’ arco di trionfo a Parigi, surclassando le altre quattro macchine partecipanti. L’ impresa è passata nella storia dell’ automobile, dell’ avventura, del giornalismo e per generazioni molti hanno sognato di ripeterla ma nessuno c’ è mai riuscito.
L’ anno prossimo sarà la volta buona. La Fiat vuole festeggiare degnamente i suoi novanta anni facendo partire una seconda volta la Itala da Pechino. L’ impresa è stata presentata ieri dalla Rai che con la Fiat la organizza. Mia cara vecchia Pechino, come sei cambiata dall’ ultima volta che ti lasciai sette anni fa annotò Barzini nel suo diario sotto la veranda dell’ Hotel des Wagons Lits nella capitale del Celeste Impero. Le cinque automobili giunte per il raid nel giugno 1907 destarono strane sensazioni nei cinesi.
Per le strade tutti ridevano additando quei mezzi sbuffanti simili a draghi venuti dal regno del male. I mandarini erano preoccupati. Temevano che le quattro ruote gommate potessero portare in Cina nuovi e barbarici invasori pieni di pretese. Il rientro a Genova Il raid partì, il codazzo di diplomatici e parenti si ritirò ben presto in buon ordine, i concorrenti si persero di vista, sugli Champs Elysées migliaia di persone acclamarono i reduci, l’ Itala andò in tournée negli Stati Uniti, rientrò a Genova e mentre la sbarcavano con la gru cadde pesantemente a terra. Don Scipione Borghese riprese la movimentata vita di sempre, Luigi Barzini si lasciò proiettare verso mille altri reportages, la povera e malconcia vettura finì in un capannone, poi sotto un fienile, e solo nel ‘ 31 approdò con tutti gli onori al museo dell’ automobile del conte Biscaretti.
E lì è rimasta fino a un anno fa quando la Fiat andò a prelevarla per smontarla pezzo dopo pezzo. L’ inventario fu terribile, quasi nulla più funzionava della celebre automobile progettata dall’ ingegner Alberto Balloco per una certa Itala Fabbrica di Automobili fondata a Torino nel 1904 da Matteo Ceirano e nella cui sede di via Petrarca andò a installarsi un anno prima del raid la neonata Lancia. Un motorone quattro cilindri da oltre settemila di cilindrata che a 125O giri dava 45 cavalli, una miseria, che dovevano spingere più di 15OO chili.
Molti i pezzi che sono stati ricostruiti a mano con le stesse tecniche e gli stessi materiali dell’ inizio del secolo. Per esempio i cerchioni in legno : è stato trovato un artigiano capace di tagliare il legname, piegarlo a vapore, incollarlo e rifinirlo come si faceva un tempo. Così per le candele che la Marelli ha ricostruito impiegando come isolante non la ceramica di oggi ma la mica che si usava allora. Così per gli pneumatici che la Pirelli ha ricostruito con le stesse miscele e la stessa tecnica dei primi 900 utilizzando gli stampi originali miracolosamente rintracciati in Francia.
Tutti i cuscinetti di banco e di biella del motore ormai rugginosi sono stati ricostruiti utilizzando gli stessi gusci in metallo anti frizione di quell’ epoca. Il collettore di scarico è stato fuso in ghisa sullo stesso modello. Il radiatore della vecchia Itala era tutto da buttare e per ricostruirlo ci sono voluti settemila tubetti di ottone a sezione quadrata ricoperti di stagno. Le parti che si sono salvate sono state passate in un metalloscopio per accertarsi che non vi fossero lesioni nascoste. Completamente nuovi i due serbatoi laterali da 300 litri e quello normale della Itala da 85 litri, ed i sedili la cui imbottitura non ha resistito all’ usura degli anni.
Un lavoro di fino hanno richiesto il motore vero e proprio, la parte elettrica, i freni. Adesso finalmente, l’ Itala, sbuffante e rumorosa come ottanta anni fa, sta facendo il suo bravo rodaggio per affrontare una seconda vita. Mille difficoltà Il 1O marzo del prossimo anno infatti la celebre automobile, accompagnata da una Fiat, da una Lancia e da un’ Alfa Romeo oltre che da quattro veicoli a trazione integrale, con 22 persone fra autisti, meccanici, giornalisti e operatori della Rai partirà da Pechino per la nuova avventura e arriverà a Parigi in occasione dei festeggiamenti per la torre Eiffel e per il bicentenario della rivoluzione francese.
Il percorso non sarà esattamente lo stesso di 😯 anni fa. Da Pechino punteremo verso sud ovest, dovremo rinunciare alla Mongolia e ad una parte della Russia e ci dirigeremo verso il Tibet. Ma la sfida rimane inalterata a causa delle mille difficoltà e delle barriere tuttora esistenti fra popoli e paesi dice Beppe Tenti della Trekking International che si sta occupando delle ricognizioni e della organizzazione logistica. Dopo il Tibet verranno attraversati il Pakistan, l’ Afghanistan, il Kurdistan, tutti luoghi caldi dove per la carovana dell’ Itala verranno organizzate perfino scorte armate.
Territori rimasti come ottanta anni fa aggiunge Tenti che ha già percorso i sentieri e le pietraie che saranno toccate dall’ Itala Anche la Rai che partecipa all’ impresa con grande spiegamento di forze, vuole sfruttare il raid e trasformarlo in uno show. Rai Uno ha detto il direttore Giuseppe Rossini vuole fare di questa Pechino-Parigi un evento: ogni settimana ci saranno collegamenti col Tg1 e numerosi spettacoli saranno allestiti dopo l’ arrivo a Parigi, forse ci sarà una diretta anche da Mosca.
L’ Itala bis non sarà targata né Roma né Torino: vuole rappresentare l’ intera Europa automobilistica, e così è già stata chiesta una speciale targa alla Comunità Europea. Due miliardi il costo dell’ impresa.
CARLO MARINCOVICH
Articolo apparso in: Repubblica — 20 luglio 1988 pagina 23 sezione: CRONACA
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