GARDINI: UN “PIRATA” FELICE SOLO TRA LE VELE
25 anni fa Raul Gardini lasciava la terra e il suo mare: il Premio Marincovich lo ricorda con l’articolo commemorativo che scrisse Carlo il 24 luglio 1993 su La Repubblica.
Per gli appassionati di vela e di Coppa America, Gardini rimarrà il primo italiano ad aver vinto una Vouitton Cup con il Moro di Venezia. Precisamente a San Diego nel 1992.
UN ‘ PIRATA’ FELICE SOLO TRA LE VELE
SOTTO LE BIANCHE murate del “Contenta” dondolavano le sue amate vele. I vari “Moro”, perché ce n’ erano tanti già allora anche se il nome sarebbe diventato celebre molti anni dopo, nel 92 a San Diego per la America’ s Cup. Ma Gardini stava dentro il “Contenta” che era la vera nave appoggio dei suoi velieri. Ed anche una seconda casa. Piena di legni e divani soffici. Finite le regate, era lì che si andava a rifugiare. Era una di quelle giornate magiche di Porto Cervo a fine estate, nel pieno fulgore degli anni 80, quando miliardari di mezzo mondo arrivavano verso sera e litigavano per un ormeggio in banchina. Era l’ unico posto al mondo dove i grandi della terra passeggiavano tranquillamente sui moli chiacchierando tra loro. Gardini, no. Stava chiuso nel “Contenta”. “E’ di mia moglie – esordì burberamente – io non posseggo quasi niente”. Poi, parlando di quando era giovane, di quando era solo il genero di Serafino Ferruzzi, di quando nessuno, tranne che a Ravenna, sapeva chi fossero i Ferruzzi e i Gardini, di quando faceva le prime regate che non meritavano neppure un pallino nelle brevi di cronaca, il Grande Ruvido dell’ imprenditoria, l’ ultimo arrivato, da poco nominato come “il Contadino”, perse tutte le sue spigolosità parlando e ridendo come forse pochi sapevano. Prima di salire a bordo, me l’ avevano dipinto come uno dalla ringhiata facile, un mastino feroce. La conferma arrivò puntuale appena uno squillo del telefono ruppe l’ incantesimo dei vecchi ricordi di vela in cui si era lanciato. “Che se ne torni a casa, lui e il suo elicottero” ringhiò mettendo giù la cornetta. Qualche giorno dopo su tutti i giornali c’ era il nome dell’ uomo con l’ elicottero cacciato in modo così brusco. Passano gli anni, Gardini diventa sempre più potente, i giornali non parlano che di lui. Appuntamento all’ Excelsior alle sette di mattina. Puntuale esce dall’ ascensore e avviene un altro fenomeno strano. Dalle poltrone della hall s’ alzano all’ unisono come soldatini persone molto note e altre meno note ma di quelle che, si vede chiaramente, contano qualcosa, non sono semplici portaborse. Li blocca tutti con un gesto della mano. “Cinque minuti e sono da voi” dice col suo sorriso Durban. Invece resta un’ ora a fare la prima colazione per parlare dei futuri Moro di Coppa America. Poi si dedica all’ esercito di postulanti assiso nella hall. Torna di nuovo ringhioso e li apostrofa con un “Calmi, ora sistemiamo tutto”. I Mori partirono in quarta, ci fu il megashow di Venezia, con Zeffirelli, i musici, le famose coperte di cachemire in regalo. E Palma di Maiorca con l’ Avvocato Agnelli, Arturo Ferruzzi, Gardini, ognuno con le proprie barche personali al seguito. E al seguito c’ erano anche, e viene in mente purtroppo solo oggi, anche presidenti di grandi banche. Confabulavano tutti, i Mori sembravano un buffet, che poteva pure aspettare. E poi arrivò San Diego, California del Sud. Nel frattempo avevo perduto la pregevole opportunità di stare in barca con lui per 600 miglia, cinque giorni più o meno, dipende sempre dai venti con queste benedette barche a vela. A San Diego, e siamo appena a un anno fa, sembrava ancora il padrone del vapore. Però, con tutti quelli che gli si avvicinavano e ossequiosamente lo chiamavano presidente, chiariva subito una cosa, e col solito brusco modo: “Non sono più presidente di niente”. Ma lo sembrava ancora. E come tale lo trattavano gli americani, i grandi ricchi americani di quella Coppa America. “Raul era un uomo formidabile. Sono sconvolto”, dice oggi Bill Koch, armatore di America cube e suo grande rivale sui campi di regata, ammettendo di averlo “sempre ammirato”. E chi dice che lo abbiamo osannato noi giornalisti italiani dovrebbe andare a sfogliarsi alcuni giornali americani. I lunghi giorni della Coppa America, li visse tutti intensamente. Pur di godersi quelle regate dal vivo aveva fatto aggiungere una clausola nei complicati regolamenti di quell’ evento sportivo: che l’ armatore poteva stare a bordo in sovrannumero. E lui sempre seduto a poppa in coperta, che biascicava ordini senza aprire bocca sennò lo squalificavano. In due mesi a San Diego, parlava sempre e di tutto. Ma era in un altro pianeta, quello delle sue amate vele, quello di una regata centenaria che per la prima volta l’ Italia poteva vincere. Un pianeta felice. Ma il maremoto, incubo dei marinai, stava già avanzando da lontano. Ora ha travolto tutto nel più tremendo dei modi. “Per me, che ho l’ età dei suoi figli, Raul è stato come un padre”, confessa commosso Paul Cayard, il suo skipper sul “Moro di Venezia”. Che almeno riposi felice, in quel suo pianeta di bianchissime vele.
di CARLO MARINCOVICH
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